Si chiama Unione Europea, ma ognuno fa un po’ quello che gli pare, almeno fino ai confini faticosamente imposti dalla comunità di stati, confini quasi sempre economici, aiuti di stato, scambi commerciali e moneta unica, al punto che la fiscalità può essere in concorrenza, ma il debito di un paese non può essere compensato con quello degli altri, sbilanciando offerta e domanda all’interno del gruppo di stati associati.
Ieri ce ne siamo accorti con Ryanair, che pur avendo sede in uno stato membro dell’Unione sfugge ai controlli fiscali ed anche alle regole sull’occupazione di tutti gli altri stati membri, pagando tasse inferiori ed applicando contratti di lavoro che altrove all’interno della comunità sarebbero considerati illegali, oggi alla ribalta, invece, è Amazon che, come ha dichiarato la Commissaria UE alla Concorrenza, Margrethe Vestager, «Grazie ai vantaggi fiscali concessi dal Lussemburgo ad Amazon circa tre quarti degli utili di Amazon non sono tassati. In altri termini, Amazon ha potuto pagare 4 volte meno tasse rispetto alle altre società locali sottoposte alle stesse regole fiscali nazionali. È una pratica illegale rispetto alle regole Ue in materia di aiuti di Stato: gli Stati UE non possono accordare alle multinazionali dei vantaggi fiscali selettivi a cui le altre società non hanno accesso».
Circa 250 milioni di euro che Amazon deve pagare, anzi “restituire”, secondo l’Unione, al Lussemburgo per evitare che lo stato venga multato per concorrenza sleale.
Una situazione assurda in un sistema apparentemente mai stato veramente sotto controllo e che oggi sta cominciando ad evidenziare tutte le sue falle, su tutte l’evidente disomogeneità delle regole all’interno del gruppo di stati dove quattro libertà fondamentali sono garantite: la libera circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e della prestazione dei servizi.
Come sia possibile garantire tutto ciò con regole differenti in ogni stato è davvero un mistero e le evidenze sembrano dare torto a chi pensa che l’Europa sia davvero Unita.
La cifra è certamente scandalosa, bisogna però chiedersi cosa nasconda il fatto che uno stato possa “rinunciare” a 250 milioni di euro in favore di un’azienda, dato che, escludendo che si tratti di un favore tra amici, qualche tornaconto questa rinuncia lo deve pur produrre e se questo tornaconto sono il resto delle tasse che in questo modo non sono pagate ad altri… allora abbiamo davvero un problema.
Il sistema di rinunciare a parte delle entrate pur di accaparrarsi il resto evidenzia una lotta fratricida in una comunità che dovrebbe essere di amici ed omogenea, una cosiddetta guerra tra poveri che certo non doveva essere lo spirito con cui fu pensata inizialmente la Comunità degli Stati d’Europa, ma che ha finito per diventare quasi una necessità di sopravvivenza in un ambiente dove lo stato “virtuoso” non aiuto lo stato “bisognoso”, ma lo costringe a rinunce ancor maggiori, come nel caso eclatante ed ormai sopito della Grecia, tuttora affamata dai debiti e lasciata sola ad affrontarli.
Così in questa Europa che ci permette di evitare di cambiare moneta in ben 19 stati differenti non ci consente di avere una vita armoniosa al suo interno, un solo prefisso telefonico, un solo sistema fiscale ed un solo unico governo capace di armonizzare, nella speranza di semplificarle, le norme comuni quotidiane.
Ieri Ryanair, oggi Amazon e domani chissà, forse Google o Facebook, ma il problema dell’unificazione delle norme e delle condizioni resta appeso: per ora lo scandalo è solo che il Lussemburgo, badate bene non l’incolpevole Amazon, è stata apparentemente sleale con i suoi confratelli.