La mafia fiuta i business molto prima delle aziende e dello stato, questo è certo, e che le lunghe mani della mafia arrivassero in tutti i settori dove circolano soldi, meglio se tanti, tutti lo supponevamo, quindi lo stupore che crea il fatto che i Casalesi si erano messi in affari con i mafiosi in campo agricolo non verte tanto sul prodotto in sé stesso, quando al fatto che l’intera catena agricola, dalla produzione alla tavola, ne sia affetta.
Proprietari terrieri, contadini e manodopera sfruttata e sottomessa dalla mafia è cosa scontata, legata anche a territori difficili, ma che Gaetano Riina, fratello di Totò, avesse stipulato un patto con i camorristi per trasportare frutta e verdura da Roma in Sicilia non sembrava così ovviamente possibile.
Secondo la Coldiretti, che ha presentato un lavoro svolto dall’associazione dei coltivatori insieme a Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, il risultato delle loro osservazioni evidenzia che il fenomeno delle agromafie è un affare che coinvolge l’intera filiera e nnon è radicato solo al Sud ma si è esteso in tutta Italia facendo perdere persino il primato alle città tradizionalmente conosciute come mafiose.
Se Reggio Calabria comanda ancora la classifica, Genova e Verona si trovano già al secondo e terzo posto nella “top ten” delle province più interessate dal business malavitoso, mentre Palermo si colloca solo al quarto posto e Caltanissetta, Catania, Agrigento ai piedi della classifica delle prime dieci, con Messina, Enna, Trapani, Ragusa, Siracusa solo oltre il ventesimo, pur restando il Sud comunque protagonista assoluto con due province in Calabria, tre in Sicilia, due in Campania (Caserta e Napoli) e Bari per la Puglia.
È il “Rapporto Agromafie 2017” a parlare chiaro e a collocare ai giusti posti il fenomeno, che avrebbe un giro di affari per quasi 22 miliardi di euro e con prodotti che vanno dal all’olio extra vergine di oliva, prodotto da Matteo Messina Denaro, alle imposizioni della vendita di mozzarelle di bufala del figlio di “Sandokan” dei Casalesi, fino al controllo del commercio ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina, alla mozzarella di bufala Dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe ed alla proprietà e gestione di ristoranti, mettendo così le mani sull’intera filiera dei prodotti simbolo del Made in Italy, dalla produzione fino al consumo.
Nel corso della presentazione del rapporto, la Coldiretti ha anche allestito la mostra “La Tavola Delle Cosche” esponendo i prodotti frutto dei business specifici dei diversi clan mafiosi, camorristici e ‘ndranghetisti per mostrare praticamente come un prodotto finito sulla nostra tavola al ristorante, come una pizza, per esempio, possa metterci in pratica “A Tavola Con Le Cosche” in un vero e proprio trionfo del “Made in Mafia”.
Il fenomeno, che ormai abbraccia per intero tutta la penisola e non esclude infiltrazioni all’estero, è ormai così esteso da fa dire al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che “Il tema vero è riconoscere la complessità del fenomeno agromafie, al Nord come al Sud dobbiamo presidiare con grande attenzione”, aggiungendo che “Sulle agromafie non si può abbassare la guardia. Il mio ministero nelle attività di controllo ha fatto un salto di qualità enorme negli ultimi anni se penso ai 370mila controlli in tre anni che abbiamo realizzato autonomamente come ministero”.
Coldiretti ha anche commentato come a Genova “il dato emerso è particolarmente elevato a causa di un diffuso sistema di contraffazione ed adulterazione nella filiera olearia nelle fasi di lavorazione industriale ed approvvigionamento dall’estero di oli di minore qualità da spacciare come italiani. A tali aspetti si sono poi aggiunte le operazioni di contrasto delle Forze dell’ordine che hanno comportato il sequestro di prodotti agricoli esteri vietati o adulterati (ad esempio, farine Ogm e oli di palma). In provincia di Verona l’intensità dell’agromafia risulta significativa sia per il fenomeno dell’importazione di suini dal Nord Europa e indebitamente marchiati come nazionali, sia per gli interventi delle Forze dell’ordine a contrasto dell’adulterazione di bevande alcoliche e superalcolici come nel caso della rinomata grappa locale”.
Per Coldiretti, il dato più eclatante è che ormai i più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola ed in particolare dei prodotti simbolo del Made in Italy, ricordando che i carabinieri del Ros hanno recentemente smascherato le attività criminali in Calabria della cosca Piromalli, che controllava produzione ed esportazione di agrumi verso gli Stati Uniti, ed hanno confiscato quattro società siciliane del settore dell’olivicoltura riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa di Campobello, oltre all’arresto di Walter Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco Schiavone detto “Sandokan”, per le sue imposizioni sulle forniture di mozzarella di bufala Dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe.
Per il trasporto di frutta e verdura, la DIA, aveva già sequestrato a novembre i beni della “Autofrigo Marsala”, gestita da Carmelo Gagliano un imprenditore siciliano considerato lo snodo degli affari che il clan dei Casalesi conduce assieme a Gaetano Riina, fratello di Totò, per monopolizzare il trasporto di frutta e verdura. Gagliano, sconosciuto alla giustizia per reati di mafia, è stato posto anche sotto sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni, ma il suo sarebbe stato un ruolo di mero prestanome e nella ditta sequestrata ci sarebbero anche gli interessi di Ignazio Miceli, già colpito dal sequestro del patrimonio. Secondo quanto esposto, già nel 2011 erano emersi nel corso di un blitz alcuni contatti fra Francesco Schiavone, leader dei casalesi, e Gaetano Riina, che aveva preso il posto del fratello quale capomafia, ma nella sola Corleone.
“Solo nell’ultimo anno – ha evidenziato Coldiretti – le forze dell’ordine hanno messo a segno diverse operazioni contro le attività della malavita organizzata, con arresti, sequestri e confische contro personaggi di primissimo piano della mafia che hanno deciso di investire ed appropriarsi di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Il risultato è la moltiplicazione dei prezzi che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, ma anche pesanti danni di immagine per il Made in Italy in Italia e all’estero se non rischi per la salute.”, inoltre “ Nel febbraio scorso i Carabinieri del ROS hanno smascherato le attività criminali in Calabria della cosca di ‘ndrangheta Piromalli che controllava la produzione e le esportazioni di arance, mandarini e limoni verso gli Stati Uniti, oltre a quelle di olio attraverso una rete di società e cooperative. Nello stesso mese ancora gli uomini dell’Arma hanno confiscato 4 società siciliane operanti nel settore dell’olivicoltura riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa di Campobello. Attraverso la gestione occulta di oleifici e aziende, intestate a prestanome, il boss era in grado di monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo. Sempre agli inizi di febbraio i carabinieri hanno arrestato Walter Schiavone, figlio capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone. L’accusa è di imporre la fornitura di mozzarella di bufala Dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe a distributori casertani e campani, ma anche in altre parti d’Italia, come in Calabria. A novembre 2016 è la Dia a mettere a segno il sequestro dei beni di un imprenditore dei trasporti siciliano considerato lo snodo degli affari che il clan dei Casalesi conduce assieme al fratello di Totò Riina, Gaetano, per monopolizzare il trasporto di frutta e verdura da Roma in giù, grazie anche al controllo del grande mercato di Fondi, nell’agro-pontino. A giugno la Guardia di Finanza mette a segno un blitz contro il clan camorristico Lo Russo. La cosca aveva il monopolio della distribuzione di pane e l’imposizione del prezzo di vendita, a grossi supermercati, a botteghe e agli ambulanti domenicali della zona.”
Neppure il centro di Roma è stato risparmiato, dove, da Piazza Navona alle zone considerate della Roma bene”, a maggio 2016 i carabinieri avevano sequestrato beni per 80 milioni di euro in bar, ristoranti e pizzerie ad almeno quattro imprenditori ritenuti coinvolti in traffici gestiti dalla camorra napoletana.
“Pochi giorni prima, ad aprile – ha continuato Coldiretti – le fiamme gialle sequestrano beni per 33 milioni alla cosca di ‘ndrangheta Labate. L’organizzazione criminale aveva il controllo del settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio della carne”
Per far fronte a questa situazione diffusa, secondo il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo “bisogna, al più presto, portare all’esame del Parlamento o valutare l’ipotesi di una decretazione di urgenza, riguardo al testo della Commissione Caselli di Riforma dei reati agroalimentari per accendere il semaforo rosso alla rete criminale che avvolge da Nord a Sud tutte le filiere agroalimentari”, poiché “Di fronte a questa escalation senza un adeguato apparato di regole penali e di strumenti in grado di rafforzare l’apparato investigativo, l’enorme sforzo messo a punto dalla macchina dei controlli apparirà sempre insufficiente”.
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