Tutto da rifare. Sembra un bollettino di guerra quello che ogni giorno che passa rende sempre più evidente la situazione: nessuno dei governi tecnici o di responsabilità passati ha centrato davvero l’obiettivo.
Con tre milioni di disoccupati stabilmente censiti, i Vaucher venduti in ottobre a quota 121 milioni, mobilità, cassa integrazione e DISCOLL cestinati da capodanno e che la NASpI non lascia intendere di poter davvero soppiantare del tutto, il 2017 non sembra partire sotto buoni auspici ed a questo si aggiunga che le proteste non si fermano più alle piazze, ma imbracciano le armi del diritto proponendo referendum al posto di semplici manifestazioni e dichiarazioni di dissenso.
Per far fronte a questa situazione di emergenza, generata anche dalla pressione dei tre referendum promossi dalla Cgil sul ritorno all’articolo 18, l’abolizione dei voucher e la corresponsabilità negli appalti, il governo sembra essere pronto a una stretta sui voucher, abbassandone i tetti ed aumentando controlli e sanzioni.
I ticket da dieci euro lordi, ma che ne valgono solo sette, sono nati per pagare i lavoretti, ma sono diventati in fretta il simbolo della nuova precarietà e della protesta contro le politiche del lavoro dell’esecutivo Renzi dopo la liberalizzazione normativa.
I margini per intervenire non sembrano essere molti e, forse, solo la loro abolizione potrebbe segnare una vera novità, ma attualmente l’attesa del governo sembra essere per il primo monitoraggio sulla tracciabilità dei ticket, che potrebbe arrivare già nei prossimi giorni, e la decisione della Consulta l’11 gennaio.
Dalle tabelle INPS si dovrebbe poter dedurre se l’obbligo introdotto ad ottobre di mandare un SMS od una email almeno un’ora prima di impiegare la manodopera attraverso i Vaucher abbia funzionato da deterrente o meno. Senza un evidente calo delle cifre il ministro del Lavoro Poletti si è detto pronto a “rideterminare dal punto di vista normativo il confine del loro uso”.
Ma l’attesa è per la decisione della Corte sulla globalità dei quesiti proposti che potrebbero minare alle fondamenta l’intero impianto del Jobs Act, eventualità di fronte alla quale la sola modifica od abolizione dei voucher non sarà più così importante.
Ma se dovesse passare la sola richiesta di abolizione dei voucher, una loro modifica diventerà obbligata per riportare il tetto massimo di introiti per il lavoratore a 5 mila euro, dagli attuali 7 mila, o persino meno, ma anche inasprendo i controlli ed aumentando le sanzioni pecuniarie per i furbetti che vorrebbero sostituire i contratti di lavoro con i soli buoni.
Teoricamente i voucher dovevano consentire l’emersione del lavoro nero, ma sembra essere successo esattamente il contrario con i ticket utilizzati proprio per nascondere il lavoro nero.
Il parere su questo punto sembra essere unanime, i sindacati, ma anche il presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano e il presidente dell’INPS Tito Boeri, hanno definito i voucher come una nuova frontiera per il precariato.
Il problema sarebbe che i datori di lavoro segnerebbero molte meno ore di lavoro di quelle effettivamente rese dal personale, per correre ai ripari solo durante i controlli, o peggio, quando accade un incidente del lavoro. In queste occasioni il datore di lavoro correrebbe e a compilare anche i voucher a copertura delle ore restanti per risultare in regola con i contributi.
Cesare Damiano aveva già dichiarato che “le prestazioni di lavoro accessorio devono tornare ad essere attività lavorative di natura meramente occasionale, rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro.”
Per fare ciò si dovrebbe tornare perlomeno alla legge Biagi dove erano elencate le tipologie di lavori ammessi, con i Vaucher, invece, lo spirito della legge Biagi è stato profondamente cambiato e l’idea di far emergere quote di lavoro nero si è trasformata esattamente nel suo contrario, dato che mentre la Legge Biagi prevedeva che i voucher potessero essere utilizzati solo per “lavoretti” con la nuova normativa i datori di lavoro possono pagare prestazioni che inizialmente non erano previste nel concetto di “buono lavoro“.
Oggi il Referendum della CGIL chiede la cancellazione del lavoro accessorio, il governo sembra essere quindi al lavoro per scongiurarlo.