"NESSUNA ALTERNATIVA AL PROPORZIONALE", QUANDO TUTTO È RELATIVO
DI PIERLUIGI PENNATI
Lo sapeva Einstein, ma non bisogna essere geni per capirlo: tutto è relativo.
Così, dopo aver tentato nel 2006 la stessa riforma costituzionale fallita anche da Matto Renzi, per un maggioritario che escludesse le minoranze e fornisse pieni poteri al vincitore delle elezioni in nome della governabilità, anche Silvio Berlusconi fa retromarcia, anzi, potremmo dire un vero e proprio “indietro tutta”.
Ecco che, alla vigilia dell’annuncio delle nomine dei sottosegretari del nuovo governo, un Berlusconi ormai ridotto ai minimi termini e con la credibilità ossidata dal tempo, la posizione ufficiale che dà del suo partito è il ritorno alle origini costituzionali: il proporzionale puro, o quasi.
“Noi non vediamo un’altra soluzione che quella di un sistema elettorale proporzionale che garantisca la corrispondenza tra la maggioranza parlamentare e la maggioranza popolare. E solo una legge proporzionale in uno scenario politico tripolare può garantire che la maggioranza in parlamento si identifichi con la maggioranza dei cittadini”.
Questo il Silvio Berlusconi di fine 2016 nel tradizionale messaggio di stagione a Paolo Russo, coordinatore di Forza Italia a Napoli, “Mi auguro che il governo Gentiloni traduca in concreto il proposito di facilitare un accordo su questa materia, che ovviamente spetta al Parlamento, e che in sede parlamentare il Pd dimostri di aver capito la lezione della sconfitta referendaria e si renda partecipe di un percorso condiviso sulle regole”.
Dopo tante battaglie per sdoganare un concetto di destra nell’Italia dalle radicate reminiscenze antifasciste e poter governare da solo, di fronte alla possibilità che a farlo siano altri, ed in particolare un movimento 5 stelle del quale dice che “non è credibile”, l’unica alternativa rimastagli per sopravvivere politicamente sembra essere quella di tornare a contare i singoli voti, e magari persino le preferenze.
Ma Berlusconi è Berlusconi e certamente la sola sopravvivenza gli va stretta, quindi apre già la campagna elettorale per tentare un rientro in grande stile, ancora una volta da leader e prodigando suggerimenti al governo che afferma di voler sostenere solo per i provvedimenti che riterrà utili e positivi, nonostante sia la fotocopia del precedente: “Al governo spetta gestire alcune vere e proprie emergenze sul piano interno e internazionale. Lo vedremo all’opera e valuteremo ogni provvedimento proposto dal governo stesso sostenendolo col nostro voto ove lo ritenessimo positivo e utile nei confronti dell’Italia e degli italiani. Questo da sempre è il nostro modo di essere all’opposizione, una opposizione responsabile che ci distingue dalla politica del tanto peggio, tanto meglio, proprio dell’opposizione della sinistra. Naturalmente si tratta di un governo molto simile al precedente, al quale noi non possiamo e non vogliamo assicurare il nostro sostegno, pur apprezzando lo stile sobrio ed equilibrato fin qui manifestato dal Presidente del Consiglio”.
Fin qui le novità non sembrano poi tante, in fondo sostenere i governi per i provvedimenti utili e per il rilancio dell’economia e dell’immagine nazionale non dovrebbe essere una concessione delle opposizioni ma un dovere civico di tutti, ma il punto è proprio questo, con un atto pubblico di apparente coerenza e responsabilità si ridà tono e vitalità ad un partito che ormai molti avevano pensato finito, che sarà di Forza Italia senza Berlusconi?
Eccolo quindi di nuovo alla carica ed in campagna elettorale: “Di fronte alla sconfitta del renzismo e all’evidente incapacità dei Cinque stelle di proporsi come credibile alternativa di governo solo una proposta politica seria, credibile, basata su un programma liberale e riformatore, sui principi cristiani e sui valori del partito del popolo europeo, può permettere all’Italia di uscire dalla crisi e al tempo stesso sconfiggere la disaffezione alla politica che ha portato metà degli italiani a disertare le urne. Ed è soprattutto nei confronti di questi italiani che noi dobbiamo svolgere una campagna di persuasione e di coinvolgimento”.
La stagione degli slogan e dei proclami sembra quindi ancora aperta nella nostra nazione e non mancano persino le promesse: “Nella cosiddetta povertà relativa ci sono pensionati che, dopo una vita di lavoro, avrebbero diritto a trascorrere con serenità e in condizioni dignitose la propria vecchiaia. Per questo l’aumento delle pensioni minime a mille euro è uno dei primi provvedimenti che prenderà il nostro governo. Siamo credibili nel prometterlo, perché lo abbiamo già fatto, nel 2001, quando abbiamo aumentato le pensioni ad un minimo di un milione di lire, cifra che allora significava un grande passo avanti”.
Indietro tutta, quindi, per andare avanti, ma se in Italia la vera crisi si gioca sulla credibilità, chi spunterà la partita: il nuovo che indietreggia od il vecchio che avanza?
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