Il congresso di fondazione del partito non si è ancora tenuto, ma la discussione è già accesa all’interno di Sinistra Italiana, tanto che Stefano Fassina ha deciso persino di autosospendersi dal già nato gruppo parlamentare SI, ma avverte che non vuole strumentalizzazioni: “La discussione interna non può diventare occasione di battaglia congressuale. Dobbiamo trovare una posizione comune e costruttiva”.
La polemica sembra nascere dalla lettera inviata alla stampa dal capogruppo Arturo Scotto ed altri 15 parlamentari di Si a Giuliano Pisapia: “Quella lettera individua un problema vero, quello relativo al nostro posizionamento e al rapporto con il Pd, che però non può essere trasformato in un’iniziativa di battaglia congressuale. Di offese ne sono arrivate a valanga anche al sottoscritto, penso ad esempio a quando ero candidato a sindaco di Roma, ma un gruppo parlamentare serio ne discute e trova una posizione comune”.
L’on. Giovanni Paglia aveva definito sui social network gli estensori della lettera come “maggiordomi di Renzi” ed a chi chiede a Fassina se dopo il Pd voglia ora lasciare anche Sinistra Italiana, risponde: “Assolutamente no, il mio impegno continua sia nel partito che per il congresso fondativo di Sinistra Italiana a febbraio. Il punto è che dobbiamo imparare a discutere al nostro interno in modo più rispettoso”.
Dunque il congresso non sembra essere in discussione, infatti Fassina afferma che “il congresso si farà e servirà a fondare il partito e a chiarire da che parte stiamo, liberandoci da ogni ambiguità”, il suo scopo, quindi è quello di chiarire le posizioni prima di cominciare con il piede sbagliato e prosegue dicendo “penso che si debba portare avanti una posizione di autonomia rispetto al Pd con un programma di profonda discontinuità programmatica sia dalla famiglia socialista europea dell’ultimo quarto di secolo e sia da quanto ha fatto il governo di Matteo Renzi in Italia”.
Non è quindi disponibile a diventare “la compagnia low cost del Pd”, preferendo uno stacco netto con il passato, “per ricostruire la rappresentanza del mondo del lavoro e del vasto e contraddittorio popolo delle periferie non è praticabile un rapporto con i democratici e nemmeno con l’area Campo progressista”.
Secondo Fassina si deve stare “con quel popolo che reclama rappresentanza e che si è manifestato al referendum del 4 dicembre dicendo No. Propongo una politica di alleanze basata sui programmi, che non si preclude il rapporto con nessuno, nemmeno con il M5S”.
Sulla legge elettorale si esprime considerando “meglio l’impianto proporzionale”, perché “garantisce i cittadini su chi li rappresenta” considerando la posizione di Matteo Renzi sulla scelta di un modello con il ballottaggio “una mossa tattica per poi arrivare a una mediazione”.
Per lui Renzi non ha cambiato direzione ,”il segretario PD rimuove la profondità dei problemi e conferma la linea di accreditamento del suo partito verso l’establishment. È surreale che Renzi continui a trovare di sinistra il Jobs act, penso che sia una scappatoia senza respiro il suo tentativo di motivare la valanga di No ricevuti dai giovani al referendum con l’eccesso di slide e la scarsa presenza di cuore: lui il cuore ce l’ha messo, ma batteva a destra”.
I sostenitori di Renzi non hanno tardato a reagire nel tentativo di alimentare la polemica e l’Unità ha subito titolato “Sinistra italiana, neanche è nata e già è divisa.”, ma per Fassina, che non vuole polemiche, è meglio soli che male accompagnati e, soprattutto, per il partito che sta per nascere sono necessarie chiarezza di azione ed iniziative.