Mentre ci accingiamo a trascorrere una delle più antiche festività italiane, istituita nientemeno che 2032 anni fa, nel 18 a.C. dall’imperatore Augusto da cui trae il nome e che significa “Feriae Augusti” (il riposo di Augusto), ci sono migliaia di poveri lavoratori costretti a lavorare per noi.
Non parlo di coloro che servono a garantire servizi pubblici davvero essenziali e senza dei quali ci sarebbero disastri e problemi, ma di quei “poveri” lavoratori, spesso vessati e sottopagati, che sono realmente costretti dai loro datori di lavoro ad essere a nostra disposizione per il nostro piacere, che spesso piacere nemmeno è, ed in particolare quei lavoratori che tengono aperti in questi giorni festivi i centri commerciali, i supermercati e gli outlet, che ormai non chiudono più nemmeno a natale e capodanno.
Due, massimo tre giorni di chiusura all’anno, 48 ore settimanali, spesso anche di più e non sempre pagate, e competizione aperta tra chi riesce ad impiegarsi comunque, a qualunque costo, si deve pur sbarcare il lunario con un costo del lavoro abbassato drasticamente da disoccupazione ed immigrazione.
Nemmeno nell’antica Roma avevano osato tanto: Augusto, oltre all’evidente scopo propagandistico sulla sua persona, aveva aggiunto il Ferragosto ad altre festività già presenti nello stesso mese, in particolare i Consualia, cui fu legato fin dall’inizio, che era un periodo di meritato riposo e festeggiamenti per celebrare la fine dei lavori agricoli, dedicati a Conso che, nella religione romana, era il dio della terra e della fertilità.
L’antico Ferragosto, quindi, era un premio per chi già lavorava duramente tutto l’anno ed originariamente cadeva il 1º agosto congiungendo tra loro le feste del mese e generando gli Augustali, un adeguato periodo di riposo per recuperare le forze dopo le grandi fatiche nei campi.
Fu la Chiesa Cattolica a spostarlo al 15 di agosto, per far coincidere l’importante ed irrinunciabile ricorrenza laica con la festa religiosa dell’Assunzione di Maria, cui anche il Duomo di Milano è dedicato, e da oltre due millenni è una festa intoccabile, nessuno può lavorare a Ferragosto, cattolico o laico che sia.
La tradizione, originata fin dalla sua istituzione, vuole che questo giorno siano di festa e gioia conviviale, persino il “Palio dell’Assunta”, che si svolge a Siena il 16 agosto, è una reminiscenza delle antiche corse di cavalli romani che si tenevano in quella giornata, ma alla fine, dopo quasi due secoli, ce l’abbiamo quasi fatta: in nome di un consumismo che ci sta consumando anche la festa italiana più antica sta per essere cancellata, almeno per i molti che, pur non essendo essenziali per la sopravvivenza del genere umano, sono oggi costretti a lavorare sottomessi e dare la possibilità a chi è ancora libero di fare shopping invece che trascorrere la giornata all’aperto, approfittando del bel tempo.
Di questo passo, prima o poi la festa sarà abolita anche per tutti gli altri, ormai il ferragosto non ha più senso per nessuno, i gremitissimi centri commerciali non vendono comunque a sufficienza per ripagarsi gli straordinari ed i costi festivi ed il sapore finto di questi luoghi sta piano piano sbiadendo anche l’illusorio piacere di una passeggiata e di un gelato nei loro viali.
Il retroscena è spesso terribile, nascosto dalle vetrine luccicanti, i lavoratori degli esercizi sono spesso “stagionali” o precari, sottopagati e senza diritti, sotto il ricatto dell’allontanamento immediato senza tutele del lavoro, tra l’indifferenza di tutti coloro che non vogliono sapere cosa succede agli “altri”, almeno fino a quando gli altri non saranno essi stessi.
Grande o piccolo che sia l’imprenditore oggi vuole sempre di più al minor costo, anzi gratis, spesso infrangendo i diritti dei propri dipendenti che sono sempre più disposti a privarsene per necessità ed affamando sempre più la popolazione di lavoratori in una società dove chi paga le tasse è stupido e debole e chi ricatta i propri dipendenti si sente intelligente e potente.
Oggi è ferragosto, nei paesi più industrializzati d’Europa non si lavora nemmeno nei festivi, tanto meno in giornate come queste, in quelli decadenti invece sì, si lavora spesso anche a Natale e capodanno riducendo le feste a meri eventi commerciali.
Possiamo davvero considerarci fortunati a vivere in un paese di questo tipo?
Personalmente credo che il lavoro vada sempre rispettato, qualunque esso sia, perché è sempre dignitoso quando è svolto dall’uomo, il lavoro di un automa non è né nobile né dignitoso, è solo lavoro, ma quando è un essere umano a svolgerlo acquista un valore differente e non solo economico: oggi siamo così abituati a non rispettare più il lavoro degli altri che a poco a poco anche il nostro lavoro sta perdendo di dignità e nobiltà senza che ce ne rendiamo pienamente conto.
Se il progresso è avere i negozi aperti la domenica, Natale e Ferragosto, allora viva il regresso, se questo serve a recuperare quei valori umani che persino i romani imperiali, quelli con potere di vita e di morte sul popolo, non negavano ai propri sudditi ai quali, invece, riconoscevano la dignità di lavoratori istituiendo per loro nuove feste e non altri turni forzati.
A Natale, quest’anno, chiediamo dignità per chi lavora ed oggi, Ferragosto, andiamo al mare od ai monti, non nei centri commerciali: il recupero della nostra umanità passa anche da questi piccoli gesti.
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