DI VIRGINIA MURRU
Certo non si tratta di schermaglie. Donald Trump lo ha dimostrato con i fatti che non è facilmente impressionabile e non si fermerà neppure davanti alle ritorsioni di carattere commerciale annunciate dalla Cina.
Lo zoccolo duro di 60 miliardi di dollari in dazi addizionali decisi dall’establishment americano, nei confronti della seconda potenza economica mondiale, non impressiona però neppure la Cina.
Le misure riguardano 1.300 prodotti di tipo tecnologico di provenienza cinese; sull’altra sponda, intanto, si prepara un pacchetto di rivalse che non saranno gradite nemmeno agli americani: nella lista nera compilata dal governo cinese, sono oltre 100 i prodotti d’importazione che colpiranno con i nuovi dazi gli Usa, e non di noccioline si tratta.
La Cina è infatti un grande acquirente di Boeing, nel settore aeromobili, di auto e altre importanti voci dell’import in quello alimentare, quali i semi di soia, che avranno il loro peso nella bilancia commerciale, tallone d’Achille degli Stati Uniti, dato che, a febbraio scorso, ha messo in rilievo un disavanzo di oltre 57 mld di dollari.
Le ostilità sono più che mai aperte, ma sul campo le sfide non si limitano al protezionismo, e la Cina tiene a sottolineare che la ‘guerra’ è partita dagli States, non è stata né cercata né voluta dal colosso asiatico. In gioco c’è soprattutto la supremazia politica.
Per quel che riguarda i dazi sui semi di soia, i cinesi sono ben consapevoli che, essendo dei grandi importatori, inevitabilmente il riflesso sulle misure adottate ricadrà sul prezzo del prodotto, e colpirà di conseguenza i consumatori cinesi; ma non sarà semplice da metabolizzare neppure per il governo americano. E’ proprio la grande industria e il mondo imprenditoriale in generale che ha sostenuto Trump nella sua campagna elettorale, le ritorsioni della Cina pertanto non saranno accolte con esultanza.
I dazi ‘comminati’ da Trump non sono giudicati poi una tragedia, visto che, a conti fatti, avranno un valore in termini reali di circa 15 miliardi di dollari. Solo una lieve scossa, che può essere assorbita dal gigante asiatico senza troppi drammi, soprattutto se si considera che il surplus commerciale della Cina nei confronti degli Usa ammonta a ben 370 mld di dollari..
Intanto i dazi non sono di immediata applicazione, occorrono 60 giorni, ma potrebbe anche andare male agli Usa, dato che la Cina ha già fatto ricorso al Wto, al fine di accertare la legittimità delle misure adottate in ambito commerciale di Washington.
E tuttavia il problema dietro queste quinte sovrapposte di nebbie e conflitti tra le due superpotenze, in realtà è un altro: è la sfida delle reti 5G, ovvero “Fifth Generation”, l’industria delle telecomunicazioni di prossima generazione, e la corsa all’implementazione dei servizi mobili ad essa connessi. Sono proprio Cina e Usa che si contendono i migliori risultati, ognuna pronta a giocarsi tutto pur di riuscire a raggiungere i migliori traguardi in questo versante.
Lo scenario, certo, rispetto agli anni della guerra fredda, è cambiato: non c’è più l’URSS, che pur di primeggiare nei confronti dell’avversario, non si risparmiava in termini di investimenti, e non solo in tema di armamenti, ma anche a colpi di traguardi nello spazio, e perfino nello sport. Ogni conquista era buona pur di strappare la supremazia all’altra superpotenza.
Ora c’è la Cina dall’altra parte della barricata, ma non servono circonvoluzioni di parole per capire che la sfida consiste nel dimostrare che al ‘podio’ si ‘deve’ arrivare primi, a costo di scavalcare l’avversario in modo sleale dalla pedana del vincitore. Non servirebbe perdersi in retorica, e poi argomentare intorno all’orgoglio, tutto americano, sarebbe una perdita di tempo.
Dietro certe scelte politiche ci sono anche prove di forza, e dall’altra parte la volontà di non piegare il ginocchio, dimostrando che si è all’altezza della posta in gioco.
Detto in spiccioli, supremazia non solo economica ma politica. Questo in fin dei conti è il vero nodo della questione.
Intanto, per rientrare nel tema 5G, la Cina gioca un ruolo di primo piano nella costruzione di reti che renderanno superveloci i collegamenti via etere, più veloci della fibra.
Si può dire, in questo ambito, che un brevetto su dieci appartiene alla Cina (al colosso delle telecomunicazioni Huawei), la quale ha investito massicciamente in ricerca scientifica e in risorse umane pur di arrivare prima all’appuntamento col futuro. Le reti 5G saranno pronte a breve, massimo due anni.
Le nuove tecnologie consentirebbero una velocità pari a 20 Gigabit al secondo, su rete mobile, e il campo delle applicazioni ovviamente è enorme, al punto che il collegamento tra individui risulterà ‘subalterno’ rispetto a quello tra macchine.
Che la Cina allunghi le unghie del drago in territorio americano proprio nel campo delle tlc, non fa dormire sonni tranquilli agli americani, e la ragione è semplice da intuire: per i dati sensibili che corrono in rete potrebbe non essere molto ‘igienico’ per la sicurezza nazionale.
Questa è anche la ragione che ha indotto Donald Trump a firmare un decreto per evitare che Qualcomm, (società statunitense leader nel progresso tecnologico dei microchip per cellulari, e guarda caso esperta di reti 5G) fosse acquisita da Broadcom, un gruppo di Singapore.
Il presidente americano ha giustificato il decreto adducendo proprio “preoccupazioni inerenti la sicurezza nazionale”. Il gruppo di Singapore ha offerto prima 105 mld, poi rifiutati da Qualcomm, che per l’acquisizione ne chiedeva 160, ma inutilmente si è scongiurato l’intervento pubblico nelle trattative: il governo americano ne ha impedito il corso. E’ stata bloccata la fusione, e non si può andare oltre.
L’ascesa della Cina sul fronte delle telecomunicazioni spaventa gli Usa, il colosso Huawei è al primo posto a livello globale, Ericsson sembrava d’acciaio, ma è stata scavalcata dai cinesi nel ranking mondiale.
La Cina del resto intende procedere a passo sostenuto nel versante della tecnologia, e ambisce, nel volgere di pochi anni, a raggiungere quasi l’autosufficienza sia nella robotica, tlc, intelligenza artificiale, tecnologia spaziale.
La grande lungimiranza dei cinesi fa venire davvero tanti dubbi sulla sicurezza, e le telecomunicazioni sono un tramite che permette accessi discreti ovunque. Ma i cinesi, con la loro proverbiale pazienza e perseveranza, non si scoraggiano, anzi affermano, tramite i vertici di Huawei, che arriveranno primi comunque con le reti 5G, con il viatico degli Usa o senza.
E del resto il gigante Huawei, che ha sede a Shenzhen, può vantare 11 centri di R&D (Research and Development), tutti orientati sulla ricerca 5G, oltre a centinaia di ingegneri.
La sfida per la supremazia tra le due superpotenze passa certamente sul campo dell’alta tecnologia, i dazi sono una voce che si alza su altri traguardi, in definitiva ben più importanti.