FMI. CRESCITA STABILE IN EUROZONA, IN ITALIA LA PRODUTTIVITA’ CRESCE SOLO DELL’1%, DAL 2002

DI VIRGINIA MURRU

Nonostante il Fmi cerchi di rendere meno amari per l’Italia i dati del “Regional Economic Outlook per l’Europa”, la situazione della nostra economia, anche alla luce delle vicende politiche legate alle ultime consultazioni elettorali, non sono edificanti. La produttività del lavoro è cresciuta solo dell’1%, dal 2002, un dato che fa riflettere, per il Fondo è quasi un monito.

Si avverte uno stato di allerta ovunque, la stampa internazionale sembra in fibrillazione per l’asse politico Movimento 5 Stelle-Lega Nord. Il Financial Times, (editoriale di ieri) parla di questa ‘pariglia’ della politica italiana come dei “nuovi barbari dentro i palazzi romani”. Il clima è già ostile, e questo non è un buon viatico per l’avvio delle attività del nuovo governo. Il quotidiano londinese rincara poi la dose:

“In Italia prende il potere il governo più inesperto che sia mai andato alla guida di una democrazia europea, a partire dalla firma dei Trattati di Roma”.

Se la fiducia sul nuovo governo fosse, per pura ipotesi, passata nelle mani delle maggiori Organizzazioni internazionali, stampa e Ue compresa, difficilmente avrebbe avuto il passaporto per governare.

Nonostante questo clima ostile, il Fmi, per quel che concerne le riduzioni degli Npl in ambito europeo, sostiene che l’Italia, insieme a Spagna e Irlanda risulta tra le più virtuose. Il Fondo riconosce gli sforzi compiuti per alleggerire gli Istituti di credito, tanto che la situazione è ormai nettamente migliorata. Le conseguenze positive si ritrovano sull’aumento del credito bancario al settore privato.

Il Fmi sottolinea tuttavia che, per una parte rilevante del sistema bancario, risulta poco soddisfacente la profittabilità, nonostante la ripresa economica. Alla base vi sono problemi di carattere strutturale, almeno per quelle banche che risultano meno efficienti a livello redditizio, le quali non incoraggiano per questa ragione gli investitori.

Nell’Outlook, il Fmi, esprime preoccupazione per le incertezze politiche e l’instabilità derivante dai nuovi governi eletti in diversi paesi europei, e non nasconde i rischi che la Brexit ancora rappresenta; il Regno Unito ha sempre avuto un complesso sistema finanziario, con ovvi legami all’economia globale. Uscire dal mercato unico potrebbe innescare meccanismi al momento difficilmente prevedibili. Ora, secondo gli studi del Fondo, se ne percepiscono comunque i rischi. E ancora riferimenti si leggono sul pericolo derivante dal protezionismo e la politica sui dazi dell’Amministrazione Trump.

Nel rendiconto ci sono poi i consueti riferimenti alla crescita economica della zona euro, al riguardo si confermano le stime del World Economic Outlook diffuso nel mese di aprile a Washington.

Si accenna appena al fatto che gli indicatori stanno segnalando qualche lieve rallentamento nell’area, nonostante questo non si intravedono pericoli seri, e il grado di crescita “resta solido”. Le previsioni sulla crescita, per l’anno in corso (area euro), vanno al 2,6%, mentre nel 2019 ci sarà una flessione, e la crescita si attesterà sul 2,2%. Il remark che dovrebbe tranquillizzare viene tuttavia dal trend di crescita positiva rilevato negli ultimi 19 trimestri, supportato da un’espansione economica diffusa , e un aumento degli indici di occupazione, investimenti e consumi, nonché ricchezza delle famiglie, in molti casi andati oltre i target.

E si arriva poi all’analisi più critica per i paesi che ancora oggi presentano un alto grado d’indebitamento, sempre in area euro. Nonostante il supporto del Qe, verso il quale il Presidente Mario Draghi è sempre prudente, i paesi che presentano criticità nei conti pubblici – qualora la politica monetaria diventasse meno accomodante – potrebbero affrontare d’ora in avanti costi di finanziamento più elevati. Tutto questo davanti ad un bilancio per il quale poco è stato fatto, così come in termini di riforme strutturali.

Nel “Regional Economic Outlook per l’Europa”, il Fmi conferma le previsioni già espresse per l’Italia: il Pil si confermerà all’1,5% nel corrente anno, ma subirà una riduzione nel 2019: ossia l’1,1%.

Sul piano europeo, il Fondo auspica che la politica monetaria della Bce non subisca variazioni che possano avere conseguenze nel trend di crescita dell’Eurozona, nonché sull’inflazione, uno dei principali problemi dell’Eurotower.
Nelle sue previsioni, il Fmi, elogia Cipro, risollevatasi dalla grave crisi e recessione del 2013, che ebbe come conseguenza “l’incursione” nel sistema bancario del bail-in, applicato in modo ‘forzato’, oggi viaggia sul versante economico a vele spiegate.

La ripresa dell’isola è stata rapida, tra le migliori dell’area euro, nel volgere di pochi anni. Ormai si accingono a superare l’Italia in termini di crescita, sono considerati più ricchi, secondo gli studi del Fondo, dato che nella tabella relativa al Pil pro capite, i ciprioti (nel 2020) supereranno gli italiani. E non si tratta di una partita di calcio, dove una squadra blasonata subisce una sonora sconfitta da una formazione di periferia. Ma del resto ci aveva già superato anche Malta pochi anni or sono.

Una batosta in più o in meno.. Ma il problema è che siamo già stati surclassati dalla Spagna, e non basta ancora. Secondo l’Outlook, e le previsioni per il prossimo quinquennio del Fondo, nel 2022 passeranno davanti all’Italia, ossia alla seconda potenza industriale europea (sempre in termini di reddito pro capite), Lituania, Repubblica Slovacca e Repubblica Ceca.