DI VIRGINIA MURRU
L’Agenzia di rating statunitense, Moody’s, ritiene critico il nuovo assetto politico in Italia, dichiara che il Paese è sotto osservazione, e stima alquanto probabile un declassamento.
La decisione è maturata in seguito al “rischio concreto d’indebolimento in termini di efficienza del bilancio, considerati anche i punti programmatici fondamentali presentati dalla nuova coalizione di governo, nonché dal venire meno degli interventi diretti alle riforme strutturali. C’è poi l’incognita sul versante del Welfare, in particolare il ribaltamento proposto in ambito pensionistico.”
Un mezzo sisma che, secondo l’Agenzia, potrebbe aprire crepe e voragini in un sistema già di per sé vulnerabile.
L’orizzonte politico è tempestato di nebbia, e l’ipotesi di un downgrade non è catastrofismo, può essere la semplice conseguenza maturata all’ombra di troppe incertezze. Intanto il rating BBB del Belpaese è a rischio, ci aveva promosso per la prima volta a ottobre scorso S&P, che non ha la ‘promozione’ facile.
Moody’s però non è nuova alle incursioni sull’economia italiana: aveva minacciato declassamenti anche alla vigilia del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, dichiaratamente schierata verso il ‘Sì’.
Ma con Moody’s (Agenzia di rating americana) non si salva nessuno, nemmeno gli Usa, esplicitamente messi in guardia proprio a febbraio scorso, a causa delle politiche fiscali e protezionistiche dell’Amministrazione Trump, oltre che per l’incremento del debito federale.
Senza dimenticare che a gennaio 2017, il Dipartimento di Giustizia americano, a sua volta, non ha fatto sconti all’Agenzia di rating con “marchio” Usa: le ha infatti comminato una sanzione per diversi milioni di dollari (per la precisione 864 mln), a causa di un “taroccamento” dei suoi rating (di alcuni) – che erano ad alto rischio – e per non avere rivelato i pericoli ai quali erano esposti.
Si tratta degli anni precedenti la crisi scatenata dai mutui subprime, ma il Dipartimento di Giustizia non ha sottovalutato l’operato di Moody’s e l’ha messa sotto accusa.
Proprio in quel periodo l’Agenzia canadese Dbrs, aveva declassato l’Italia, la quale perse l’unica ‘A’ rimastale, che però le consentiva di usare i titoli di Stato quale garanzia di possibili finanziamenti, e che sono poi costati al settore bancario 30 miliardi di euro. Le maggiori Agenzie di rating hanno un potere enorme, e lo esercitano a tutto campo.
Proprio perché esercitano un grande strapotere, e condizionano i mercati, sono uno spettro perennemente incombente, al punto che in un meeting del G20, di recente, c’è stata la proposta di abolirle: sono viste come degli avvoltoi che si avventano non di rado sulle fragilità
economiche degli Stati, anche quelli più potenti e blasonati.
L’Italia, insomma, non è messa bene; non solo sul piano interno, ma anche oltre i suoi confini. Siamo marcati a vista, controllati, tallonati da orde di autorità che giudicano, valutano la congiuntura economica e lo stato di dissesto sul piano politico, e poi esprimono prognosi e diagnosi, talvolta infauste, come si accingerebbe a fare, appunto, Moody’s.
Si tratta comunque di un giudizio che incombe su un’economia, quella italiana, in via di ripresa da una crisi che aveva già messo in ginocchio Paesi ben più solidi. Il Paese ci stava provando, e l’impianto strutturale dei nuovi interventi messi sul campo stava producendo i primi buoni risultati.
Tuttavia, l’esito delle ultime consultazioni elettorali, hanno espresso una forte smania di svolta sul piano politico, un desiderio ineludibile di cambiamento.
Un ciclone che ha fatto la sua irruzione su uno status quo non in fin dei conti preparato al grande salto, ad un’inversione di rotta così epocale, perché l’avvicendamento presuppone davvero un cambio di guardia e azzardi che lasciano perplessi e intimoriti, in primis i mercati finanziari.
Che già hanno detto la loro, e non è stata una risposta di assenso e di ripiego. In ogni caso, le due forze politiche vincenti, che si accingevano a guidare questa svolta così chiacchierata all’estero, avevano i numeri e l’investitura del popolo per governare.
Certo con tutte le riserve del caso, ché quel programma somigliava un po’ al cappello di un illusionista, ma era giusto provarci, magari l’azzardo, e il luogo comune che vuole vincenti gli audaci, poteva funzionare.
Intanto l’Italia è precipitata nel kaos, e purtroppo siamo pure costretti a subire, non solo anatemi e minacce dalle autorità finanziarie di mezzo mondo, ma anche l’ironia pesante fino all’insulto di certa stampa mainstream.
Moody’s, a quanto pare, ha un’altra freccia pronta sulla faretra: sorveglia i conti pubblici italiani, e soprattutto l’incidenza del debito sovrano sul Pil. Chiaro il ringhio dei mercati nei confronti del nuovo assetto politico, che minaccia rivolta verso Bruxelles, e insomma, ci sono tutti gli ingredienti per creare un clima di destabilizzazione che porta verso l’ignoto.
Nessuno ignora che, almeno nel breve periodo, il nuovo programma politico, se attuato in modo ortodosso, secondo Salvini , potrebbe causare squilibri e pericoli in diversi settori, non ultimo quello bancario, che già ha lottato strenuamente per ridurre la consistenza degli Npl, con risultati apprezzabili, e gli encomi della BCE e Bruxelles.
Non si può ignorare o prescindere dal settore bancario (sarebbe a rischio con il programma della nuova coalizione politica), perché rappresenta la linfa di ogni economia, una sorta di “spia” lampeggiante e luminosa del suo “sistema immunitario”: quando è forte può tollerare incursioni e imprevisti del sistema, quando è “depresso”, può diventare un bersaglio e concorrere al travolgimento di un’economia, fino a causarne il default.