DI VIRGINIA MURRU
Ogni tanto anche l’economia più prospera dell’Unione europea, ovvero “la prima della classe”, inciampa su qualche performance non propriamente in linea con i dati tendenziali riguardanti la crescita. “E’ tutto normale – rassicura però il governo – sono risultati destinati a rientrare in un trend positivo di espansione”.
Il calo non è comunque una sorpresa, nonostante quello che si scrive al riguardo, visto che il 2018, per quel che concerne gli ordinativi all’industria, non è partito benissimo. Ad aprile, secondo i dati statistici diffusi da Destatis, sembra che gli ordini abbiano subito una flessione pari al 2,5%, in termini destagionalizzati, mentre su base annua si va a -0,1%, rispetto al calo rilevato a marzo (che era stato rivisto da -0,9%) dell’1,1%.
Gli analisti si aspettavano un incremento dello 0,8% su base mensile, ma gli ordini esteri sono calati del 4,8% e quelli domestici sono in flessione: – 0,8%.
In calo anche gli ordinativi provenienti dall’area euro: -9,9%.
Si parla tanto di ‘dati inattesi’, ma in realtà il calo degli ordini all’industria riguarda gli ultimi quattro mesi, seondo i dati diffusi dall’Agenzia federale di statistica, Destatis. Dopo il dinamismo registrato nell’ultimo trimestre del 2017, il nuovo anno non è partito con slancio, e già il terzo trimestre ha dimostrato una tendenza alla flessione.
Ad aprile, la bilancia commerciale, destagionalizzata, ha messo in rilievo un saldo positivo pari a 19,4 miliardi; anche qui siamo in calo se rapportato al dato di marzo, che era di 21, 5 miliardi. Gli analisti si aspettavano un avanzo di circa 21 miliardi, dunque inferiore alle attese. Si pensa che il dato abbia risentito dell’incremento delle importazioni, pari a +2,2%, variazione sempre su base mensile.
Al ministero dell’economia contano sul portafoglio ordini più positivo per la seconda metà dell’anno, anche se qualche timore resta, dato che le aspettative erano diverse.
C’era stato un lieve incremento a febbraio, ma la produzione industriale in Germania dà segni di cedimenti da alcuni mesi, dopo un anno di forte espansione nel 2017. Sono poi diversi gli indicatori che vanno fuori dai target.
La produzione industriale a febbraio ha messo in rilievo una contrazione dell’1,6%, un gap notevole se si considera che il prospetto degli analisti era rivolto alla crescita, sia pure lieve dello 0,3%. Certamente il braccio di ferro sui dazi tra Usa e Cina non crea il clima migliore, ma a prescindere da questo, l’economia tedesca ha espresso nel 2018, qualche segnale di arresa. Non tale da metterne in discussione la solidità, ma sono risultati che restano comunque, secondo gli economisti, una sorta di fulmine a ciel sereno.
Il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, non sembra molto ottimista quando afferma che “la produzione industriale ha perso slancio”, e mette in guardia dal rischio di un serio rallentamento. Tanti sono infatti gli indicatori sulla salute del “Made in Germany” che scricchiolano, fin dai primi mesi dell’anno. Si tratta di scosse nel sistema che, per ovvie ragioni, mettono in allarme il governo della Cancelliera.
Cedimenti in diverse aree, dunque: dalla produzione industriale, ai servizi, alla bilancia commerciale, al grado di fiducia di investitori e classe imprenditoriale.
A febbraio scorso, la produzione di beni capitali era diminuita del 3,1% in un solo mese, mentre quella dei beni al consumo dell’1,5%, insieme ad altri comparti, come le costruzioni, in negativo del 2,2% in un mese.
A questi cedimenti si aggiunge il vero e proprio tracollo dell
a domanda nel settore dei veicoli ferroviari, navi e aerei. In questo versante gli ordini sono crollati del 35,9% rispetto al mese precedente (mese di riferimento aprile).
Secondo il ministero dell’Economia sono dati in relazione con la carenza di ordinativi di “veicoli diversi dalle automobili e dai camion, oltre che da beni strumentali”, in flessione per il 5,6%.
Un crollo di quattro mesi consecutivi negli ordini all’industria non si verificava dal 2012.
Sicuramente questa successione di dati negativi ha creato perplessità, e non solo tra gli analisti tedeschi.