DI VIRGINIA MURRU
L’assemblea nazionale delle donne, tenutasi due giorni fa a Roma, al Teatro Brancaccio, con la presenza della Segretaria Generale Susanna Camusso, ha aperto i lavori con un tema eloquente “Belle Ciao. Tutte insieme vogliamo tutto”.
Nel corso di questo incontro è stato illustrato un Piano straordinario d’intervento, orientato su cinque direttrici: occupazione, welfare e molestie, parità di salario e condivisione. Misure che dovrebbero essere parte integrante dei diritti della donna, ma che nella realtà invece sono oggetto di lotta quotidiana, perché nel terzo millennio, anche nelle società evolute dell’Occidente, non vi è di fatto una reale applicazione.
Affermano le organizzatrici:
“Si tratta di punti di azione e di intervento, che faremo vivere nella nostra attività di contrattazione. Miriamo a a contrastare le molestie nei luoghi di lavoro ad andare oltre le diseguaglianze di genere nella ricerca di occupazione, retribuzione e accesso alle cure mediche”.
“Siamo convinte – aggiungono – che in una fase politico sociale così complessa e pericolosa sia ancora più fondamentale una nuova alleanza tra donne, solo così si potrà contrastare la regressione culturale, sociale ed economica, e rendere migliore questo Paese”.
Una delle tante dichiarazioni di questa importante assemblea nazionale – riportate peraltro anche nel sito della Cgil – dal quale ci si auspica una più efficace incisività soprattutto in termini di tutela contro la violenza. Violenza che purtroppo sembra inarrestabile, autentica emergenza quotidiana, verso la quale, al di là delle proclamazioni e della retorica, ben poco si è fatto, sia in fase di prevenzione che in quella giudiziaria, dove le pene comminate nell’ambito della violenza di genere, sono ancora irrisorie. Certo non volte a scoraggiare chi se ne rende responsabile.
Durante l’incontro si è parlato di precarietà e discriminazione di genere anche nella ricerca di un’occupazione, della disparità di trattamento retributivo tra uomo e donna, di una tutela più vicina alla donna, per quel che concerne le cure medico-sanitarie, affinché siano rese più agevoli e accessibili.
Non bisogna dimenticare che l’Italia è agli ultimi posti in Europa sul versante dell’occupazione femminile, il lavoro è spesso mal retribuito, dequalificato; ingiustizie che subiscono oltre la metà delle donne che affrontano quotidianamente le problematiche del mondo del lavoro. Le donne sono anche costrette ad accettare contratti basati sul precariato, e part time obbligati.
Ma basterebbe dare uno sguardo al nuovo rapporto Oxfam sulle disparità di genere, per renderci conto che l’Italia è davvero il fanalino di coda in Europa per quel che concerne la disparità di genere e i diritti civili ad essa connessi. Tra questi diritti mancati, emerge l’occupazione: nel 2017 – secondo l’ultimo rapporto – 10 donne lavoratrici su 100, sono state a rischio povertà. Le donne risultano essere retribuite in modo inferiore rispetto ai maschi, circa il 16% in meno.
Il mondo femminile, rispetto a quello degli uomini, è maggiormente esposto ai lavori precari, è ancora invalsa la convinzione che l’uomo sia più “all’altezza” per quel che attiene le capacità professionali e qualifiche specifiche nello svolgimento di un lavoro che richiede specializzazione. Tutto questo mentre la donna continua ad affrontare lo slalom del doppio ruolo: quello domestico, ossia la cura della casa e l’educazione dei figli, e l’attività lavorativa, mai riconosciuti davvero questi ruoli, ai quali si aggiunge lo svilimento relativo alla retribuzione. Secondo Oxfam, la donna, per raggiungere pari dignità di genere, dovrebbe lavorare due mesi in più l’anno..
Da qui l’esigenza di un Piano straordinario, secondo le donne della Cgil, che preveda investimenti pubblici e una Carta dei diritti che sia finalmente applicata in favore di ogni donna.
La Piattaforma fa riferimento specifico ad alcuni punti sensibili che riguardano le ingiustizie più rilevanti subite dalle donne: i congedi parentali, che dovrebbero essere aumentati in termini di tempo, formazione obbligatoria dopo la maternità, il riconoscimento del lavoro di cura, interventi a sostegno della non autosufficienza, aumento di asili nido a supporto dell’attività lavorativa della donna, infine incentivi nuovi su politiche di condivisione e conciliazione.
E nello specifico gli interventi sulle disuguaglianze negli ambienti di lavoro, e, in generale, attenzione concreta sui servizi inerenti la salute, che deve tenere conto delle esigenze diverse concernenti il genere, compreso una sollecitazione affinché la Legge 194 sia effettivamente e concretamente applicata (La Legge 194, del 22 maggio 1978, riguarda la tutela sociale della maternità, nonché interruzione volontaria della gravidanza. Tale legge ha disciplinato attraverso specifica normativa, l’accesso all’aborto).
La Cgil infine chiede interventi più mirati per le violenze e le molestie sui luoghi di lavoro, la formazione delle Rsu (Rappresentanza Sindacale Unitaria); le proposte al riguardo sono tante, ma si dovrebbe investire molto di più in termini di prevenzione, affinché il fenomeno possa essere arginato tramite la sensibilizzazione, a cominciare dalla formazione scolastica, dove si dovrebbero apprendere i primi fondamentali ‘rudimenti’ di convivenza civile e avversione verso la violenza.