DI VIRGINIA MURRU
Certo che l’ex compagnia di bandiera italiana, da quando è cominciata l’Amministrazione controllata con i 3 commissari straordinari (2 maggio 2017), ha seguito una ‘rotta’ di rigore per quel che concerne la gestione. E i risultati sono evidenti, con un trend di crescita che fa ben sperare sul suo destino travagliato, che, fra alterne vicende, va avanti ormai da oltre vent’anni.
Il controllo dei costi e la conseguente riduzione, l’attenzione verso il rispetto degli orari e le esigenze dei viaggiatori, la riapertura di ‘vecchie’ rotte, insieme ad altre nuove, un assetto interno più efficiente, hanno fatto la differenza. Decisamente, ‘si viaggia meglio’, in tutti i sensi, ed è pertanto lecito sperare su migliori prospettive per il futuro.
Il clima di fiducia traspare anche dalle dichiarazioni di Luigi Gubitosi e degli altri Commissari, i quali, alla fine di settembre (il 26), si sono presentati in audizione in Parlamento. Le stime sui ricavi, secondo il loro resoconto, sarebbero buone anche per l’ultimo trimestre del 2018, tanto che il bilancio dovrebbe chiudersi in positivo, ossia con un modesto ma importante margine di utili.
“Cosa che – hanno spiegato i Commissari – induce all’ottimismo, poiché, com’è noto, non accadeva da tempo. Si tratterà infatti di circa 2 milioni di utile netto (nel 2018), ma già nel terzo trimestre dell’anno in corso vi è una disponibilità di cassa di poco inferiore ad un milione di euro.”
Un anno fa la situazione, dopo sei mesi di amministrazione straordinaria, era sicuramente meno rassicurante, il ‘paziente’ era sottoposto a terapia intensiva di riduzione di costi, e gli utili relativi all’acquisto dei ticket, si dissolvevano nelle maglie delle strategie di risanamento.
C’è attualmente una differenza di 140 miliardi in termini di ricavi dalla vendita di biglietti, rispetto allo stesso periodo del 2017, e nei tre trimestri del 2018, la crescita è stata del 7%. Praticamente al di là delle previsioni, se si considera la situazione dei conti a maggio dello scorso anno, quando i Commissari hanno preso in mano le redini dell’azienda.
Intanto il termine previsto per il rimborso del cosiddetto ‘prestito ponte’, è stato portato a metà dicembre prossimo.
La restituzione del finanziamento concesso dallo Stato (tra polemiche e contestazioni da parte dell’Unione europea), la cui prima tranche è stata di 600 milioni di euro, e la seconda di 300 milioni, sancirà il ‘closing dell’operazione’.
Siamo giunti comunque alla scadenza dei termini previsti per l’Amministrazione straordinaria della compagnia: il 31 ottobre, data in cui scadranno anche i termini per l’inoltro delle offerte vincolanti. La data era stata prorogata, era previsto infatti che dovesse chiudersi entro il 10 aprile.
I problemi sulle sorti della Compagnia sembra si siano spostati sul versante politico, il vice premier Luigi Di Maio, vorrebbe una partecipazione diretta dello Stato, ma il titolare del Mef, sembrerebbe non concordare su questa scelta, e non è certo l’unica linea di demarcazione tra le vedute dei due ministri. In più circostanze, negli ultimi mesi, la mancanza di convergenza ha creato dibattiti e urti nel Governo, nonostante la ‘spugna’ fosse sempre pronta a cancellare i dissidi, compiacente verso un’immagine che riflettesse all’esterno piena armonia.
Ma sulla futura gestione di Alitalia, lo scontro è praticamente palese. Di Maio, e lo ha dichiarato in più occasioni, aspira ad un “modello Ilva”, con un piano industriale a lungo termine. Il rilancio dovrebbe essere attuato tramite il Ministero dell’Economia. Ma su questi proclami Giovanni Tria dissente: “Io rappresento il Mef, non devono essere altri a fare dichiarazioni sui programmi del mio Ministero.”
Eppure- quello che un cittadino percepisce dall’esterno -è che la politica economica del Governo sia in mano ai due vice premier, loro sembrano i piloti che decidono rotte e strategie, perfino il premier Giuseppe Conte, appare come il terzo incomodo. I rappresentanti del M5S e della Lega, si atteggiano a factotum, saltano, in termini di competenze (o ingerenze?) da un ministero all’altro, e se oppongono il loro veto, se ostano su iniziative che non rientrano negli interessi dei due schieramenti, difficilmente queste andranno in porto.
Questa è l’immagine allo specchio dell’establishment politico delle egemonie, che porta avanti disegni – su alcuni importanti aspetti del cosiddetto contratto di governo, o ‘compromesso’ tra i due vice premier (il reddito di cittadinanza ne è un esempio) – che creano attriti come cortocircuiti per la fragilità della finanza pubblica, ma soddisfano requisiti di ‘compliance elettorale’.
E non importa se questi punti programmatici alimentano il rischio nei conti, a tutti i costi sembrerebbe necessario mantenere le promesse, tenere in cassaforte i voti del ‘popolo’. Ma siamo sicuri che lo “slalom” di cifre nel Def (che questa strategia puramente politica ha causato), sia la migliore garanzia in termini di ‘ritorni’ nella prossima legislatura?
Su Alitalia il fermento è forte, più volte è stato messo in discussione il ruolo di Giovanni Tria, ma non è l’unica poltrona a rischio, il prossimo anno potrebbero saltarne diverse.
E basterebbero le dichiarazioni del vice premier Di Maio, per comprendere l’aria che tira nei rapporti con il titolare del Mef:
“Ma quello non vuole veramente capire.. c’è una maggioranza politica siglata con un contratto di governo, perciò un tecnico deve attenersi a quello che si decide in questo ambito. Altrimenti è libero di andarsene..”
Che altro? Si può con discrezione aggiungere che il Mef è un ministero chiave per il Governo, lo è sempre stato, ma ora è cruciale se si tiene conto della delicatissima congiuntura economica del Paese.
Tra i due ‘litiganti’, c’è l’ombra discreta del presidente Mattarella, che scongiura l’allontanamento del ministro dell’Economia, poiché ritiene che rappresenti la moderazione e l’equilibrio, anche con il modo di proporsi e i continui appelli ad ‘abbassare i toni’, con ‘quelli’ di Bruxelles.
Che bisogna tenersi buoni, perché si sa: da là arrivano tuoni e fulmini, che finiscono per cadere sul tetto dei mercati, e le conseguenze ormai sono note. Il ministro Tria non deve solo essere circospetto nei confronti del vice premier del M5s, ma anche verso il ministro dei Rapporti con l’Europa, l’economista Paolo Savona. Ingerenze e interventi ‘a gamba tesa’, vengono anche da qui, ed è ovvio che al Mef ci sia aria di sdegno, ci si sente un po’ estromessi dal ruolo.
Alitalia tuttavia non ha tempo da perdere. Intanto, il piano di salvataggio deve essere concluso perché ormai non vi sono margini per continuare a temporeggiare.
L’Amministrazione straordinaria ha comunque conseguito notevoli risultati, basti pensare che le perdite operative Ebitda (ossia Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization – utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti), sono state ridotte fino a 37 milioni di euro, ed erano ben 258 milioni nove mesi fa, cioè a gennaio dell’anno in corso. Alla riduzione della spesa, va aggiunto il rigore per quel che concerne la puntualità nel rispetto degli orari sui voli, diventati al primo posto in Europa; dettagli non di poco conto.
Quando si risolverà la questione salvataggio, e la gestione diventerà regolare, sarà tuttavia necessario intervenire sulla potenzialità della flotta, che dovrebbe essere incrementata, fondamentale per l’aumento del traffico e la vendita di tickets. Questi dati restano ancora punti sensibili da migliorare. Buoni i risultati raggiunti sul numero dei passeggeri di lungo raggio, con un incremento pari al 7,5%. I commissari però, al riguardo, osservano che l’Italia è sotto servita sui voli a lungo raggio: c’è una flotta di appena 26 velivoli.
I dati irrisori partono dal confronto con il gruppo leader europeo, ossia Lufthansa, la quale ha trasportato ben 130 milioni di passeggeri nel 2017, mentre la nostra compagnia poco più di 20 milioni.. Certo è necessario anche sottolineare che Alitalia ha meno di 12 mila dipendenti (prima della crisi erano 20 mila), e una flotta di velivoli per ovvie ragioni non paragonabile, mentre la compagnia tedesca ha 130 mila dipendenti. Non regge proprio il confronto.
Se fosse portato a termine il progetto di una nuova compagnia, una newco con Fs, le prospettive potrebbero cambiare in termini di potenzialità ed efficienza. Intanto entro la fine di ottobre arriverà l’offerta vincolante per l’acquisizione. Sono dichiarazioni rese dal ministro Di Maio in occasione di un recente incontro con i sindacati.
La procedura di vendita e i termini saranno rispettati, secondo il ministro, che afferma:
“Si tratta di un progetto ambizioso, non rivolto al salvataggio della compagnia, ma al suo rilancio, l’esecutivo ha le idee chiare in merito.”
E aggiunge che ci sarà una dotazione di 2 miliardi, e non solo: si sta prospettando la conversione di una parte del finanziamento che Alitalia ha ricevuto dallo Stato, in equity (o capitale sociale) per la newco in dirittura d’arrivo. La partecipazione dello Stato nel capitale, tramite il Mef, è dunque praticamente decisa. Parteciperebbero anche Fs (con una partnership strategica e finanziaria) e Cassa Depositi e Prestiti con finanziamenti adeguati, considerando che il piano industriale è ambizioso e prevede l’incremento della flotta di velivoli, e delle rotte a lungo raggio.
Per quel che concerne i dipendenti, il cui stipendio viene integrato da Cigs (Cassa integrazione straordinaria), in scadenza il 31 di ottobre, il vice premier Di Maio ha garantito una proroga. Nel contempo assicura ai sindacati che non vi sarà una svendita ad eventuali partner stranieri della Compagnia, il piano di rilancio presterà attenzione a tutti quei punti di vulnerabilità che hanno determinato l’amministrazione straordinaria, e portato disastri finanziari.
La Cgil auspica una soluzione in tempi brevi, la leader Susanna Camusso, dichiara: “dopo le promesse si aspettano i fatti.”
A questo riguardo, il 12 ottobre, si è tenuto l’incontro tra i rappresentanti dei sindacati e le delegazioni dei Ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro – presente dunque il titolare dei due Ministeri, Luigi di Maio – sul tema della crisi di Alitalia.