DI VIRGINIA MURRU
Per i vertici di Inps ormai il cambiamento è deciso, ma non è, per dirla con un luogo comune, un fulmine a ciel sereno, la decisione è arrivata in un clima di veleni tra il Governo e Tito Boeri, presidente uscente dell’Ente previdenziale.
Le tensioni sono partite a inizio estate, allorché Boeri ha ricordato al governo, nel corso della sua audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle procedure di accoglienza (a luglio scorso), che un eccesso di rigore nella politica di controllo dei migranti avrebbe fortemente inciso sulle risorse dell’Inps, dato che gli immigrati versano nelle casse dell’Istituto circa 8 miliardi di contributi, a fronte di 3 miliardi spesi per i soggetti che vanno in pensione.
“Si tratta – aveva precisato il presidente – di 5 miliardi di saldo netto, dettaglio da non sottovalutare”. Spiegando nel contempo che il riscontro sulla crescita pure notevole dei rifugiati, non compensa la mancanza negli arrivi degli immigrati regolari”.
In questa sede, aveva anche rilevato il “consistente azzeramento delle quote flussi” per quel che riguarda i lavoratori provenienti dall’estero. Secondo Boeri, gli immigrati contribuiscono alla solidità dell’Inps, attraverso la tenuta del sistema pensionistico. E se si volessero davvero mettere in evidenza i vantaggi dell’accoglienza, si dovrebbe anche sottolineare che essi, in termini di contributi sociali, hanno alzato di un punto percentuale il Pil.
Rilevazioni importanti, che Tito Boeri ha ripetuto in varie sedi durante i mesi estivi, e anche ultimamente, in seguito all’allarme causato dalla chiusura dei porti, e al blocco sistematico di nuovi arrivi, riducendo l’accoglienza al minimo. Il ministro degli Interni non ha mai preso atto della denuncia del presidente dell’Inps, ha manifestato piuttosto molta insofferenza, e in più occasioni ha ventilato l’ipotesi di un cambio al vertice, che suonava come una ‘destituzione’, non propriamente come esigenza di cambiamento per ragioni di fine mandato, che pure è in scadenza. Nei loro rapporti la tensione si è acuita col passare dei mesi, non solo per la questione migranti, ma anche per le divergenze concernenti la legge Fornero, fino a che si arrivati alla conclusione, ossia al cambio di guardia.
L’insediamento del nuovo presidente avrà luogo in seguito agli interventi di riordino delle pensioni, tema caro al governo, e indirettamente, la conseguenza, sarà quella di rinnovare la governance, non solo dell’Inps ma anche dell’Inail. A nessuno è estranea l’idea che Tito Boeri ormai sia diventato un ostacolo, incompatibile con i programmi del governo, nel cui contratto è previsto che sarà spazzata via la legge Fornero, difesa a oltranza invece da Boeri. Più volte nel corso degli ultimi mesi, sono state annunciate le sue dimissioni, riconducibili ad un clima di autoritarismo e intolleranza, che la gente avverte sempre più come insidia al sistema democratico.
Previsto un nuovo Cda (dopo un assetto commissariale, con accentramento di poteri al vertice) per i due Istituti (Inail e Inps), che saranno rappresentati da un presidente e 4 consiglieri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica – e deliberazione del Consiglio dei ministri, proposto dal Presidente del Consiglio, in accordo con diversi ministeri, da quello del Lavoro e Politiche Sociali al Mef, non senza il parere favorevole delle Commissioni parlamentari di pertinenza.
Non una semplice nomina, quindi, ma un iter che interessa le stazioni fondamentali del sistema democratico parlamentare, la cui ultima parola, infine, spetta al Consiglio di indirizzo e vigilanza, il quale deve esprimersi entro il termine di 30 giorni.
L’intento è quello di evitare l’accentramento di competenze e potere su una sola persona, migliorando in tal modo la governance dei due Enti, attraverso l’intermediazione del Consiglio di Amministrazione.
Boeri ha replicato con pacatezza, ma anche con fermezza, alle obiezioni del vicepremier Matteo Salvini; l’ultimo suo intervento in merito, è stato in occasione della presentazione del libro dell’ex premier Paolo Gentiloni, “La sfida impopulista”, evento culturale che si è svolto a Milano, del quale era appunto ospite, Tito Boeri, ormai presidente uscente dell’Inps.
L’intervento di Boeri, nel corso della presentazione del libro di Gentiloni, è stata una frecciata diretta al Governo:
“è alquanto preoccupante l’intento di delegittimare in una democrazia, dove invece sono necessari i parapetti, che permettono ad un sistema democratico di respirare liberamente; allorché s’indeboliscono, s’insinua l’ombra della dittatura della maggioranza..”
Non meno critico Paolo Gentiloni, nei confronti della manovra, dell’isolamento in cui ci stiamo avviando, a causa delle sfide lanciate ad un organismo sovranazionale del quale facciamo parte, ossia l’Unione europea, e il pericolo insito negli ‘azzardi’ dei programmi di politica economica – “che mettono a rischio l’economia italiana” – secondo l’ex premier.
Non risparmia infine il sarcasmo sulle sortite di Salvini: ‘tanti nemici, tanto onore..’, che sta conducendo invece l’Italia verso l’isolamento in Europa, e non solo. Critico sulla dismissione di tanti immobili, annunciata dal governo come strategia volta al recupero di fondi, dovrebbe fruttare circa 2 miliardi, ma Gentiloni non approva la misura, la definisce ‘strategia da Mago Merlino’.
E’ verosimile la voce che circola nelle ultime settimane circa l’avvicendamento ai vertici dell’Inps, ossia l’ingresso di Alberto Brambilla, molto vicino alla Lega, e già in passato uomo delle istituzioni (in qualità di sottosegretario al Lavoro nei governi Berlusconi) in sostituzione di Tito Boeri. A fianco di Brambilla ci dovrebbe essere anche un direttore generale, la cui nomina avverrà su indicazione del M5S.