DI VIRGINIA MURRU
Il terzo millennio, in termini di ‘passaggi’ generazionali, non è propriamente un fenomeno che riflette la tendenza sempre più marcata all’autonomia dei millennials, ossia una dinamica di scelte che siano indipendenti da correlazioni nei confronti delle proprie origini, per quel che concerne l’istruzione, il reddito e la ricchezza, ossia l’affermazione economica e professionale del proprio futuro.
Per quel che riguarda l’Italia, secondo uno studio portato avanti da due ricercatori del Dipartimento di Economia e Statistica della Banca d’Italia, Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio, i risultati metterebbero in rilievo “un’alta persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche”, ossia un’interdipendenza legata alla base di partenza, con correlazioni dirette allo status dei propri genitori, più rilevante rispetto al passato.
La ‘serie’ di studi attinenti alle “Questioni di Economia e Finanza”, si propone di presentare documentazione e risultati su aspetti rilevanti concernenti i compiti istituzionali della Banca d’Italia ed Eurosistema. Il fine è quello di fornire ‘contributi originali’ nell’ambito della ricerca economica. Questi lavori sono talvolta portati avanti all’interno della Banca d’Italia, non di rado in collaborazione con l’Eurosistema e Istituzioni varie. In questi studi si sottolinea che i risultati provengono “esclusivamente” dalle opinioni degli autori, disimpegnando così la responsabilità delle Istituzioni di riferimento.
Si tratta di una ricerca che in qualche modo sorprende, ci si attenderebbe un’analisi che evidenzia la tendenza all’indipendenza delle scelte, sia nell’ambito dell’istruzione che nella realizzazione delle ambizioni in termini economici, proprio in virtù del fatto che i diritti sanciti dalla Costituzione (Art. 3), mirano all’uguaglianza in termini di opportunità per le giovani generazioni, ma non è esattamente così. Non bastano gli interventi fondamentali di uno Stato di diritto, pienamente integrato nelle fondamenta di una democrazia.
All’art. 3 della Costituzione fanno cenno anche i due ricercatori, nello studio sulla persistenza tra generazioni in Italia; è dunque ovvio che rientri tra i doveri della Repubblica “rimuovere gli ostacoli che, limitando l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. A precludere il successo economico di un individuo, o a favorirlo, secondo la ricerca di D’Alessio e Cannari, potrebbero essere fattori non dipendenti dal soggetto, come la familiarità e stato economico di origine, il sesso, luogo di nascita, etnia, istruzione.
E’ pertanto necessario portare alla luce le cause che costituiscono ostacolo per chi non nasce ‘con la camicia’, e si ritrova in una condizione di svantaggio, rispetto a chi invece ha davanti una strada più agevole, una porta aperta sul futuro, per via di uno status solido sul piano economico dei genitori. Lo studio si prefigge l’obiettivo di analizzare le cause della disuguaglianza di opportunità, e di operare in termini di scelte politiche adeguate, affinché la realizzazione dell’individuo corrisponda a criteri sociali ed economici inclusivi. Tutto questo attraverso la rimozione delle barriere intergenerazionali, che potrebbero essere poco favorevoli all’”omologazione” dei diritti e al progresso stesso del singolo e della società.
In Italia, dunque, i legami con le precedenti generazioni, per quel che riguarda istruzione, ricchezza e reddito, sono ancora forti, e il successo degli individui che vengono dalle classi sociali più abbienti, è più garantita. Facciamo parte di quei paesi che hanno ancora dei riferimenti intergenerazionali, e nell’ultimo decennio la tendenza è in aumento, secondo i dati di analisi comparative messi a confronto. L’analisi tuttavia mette in rilievo il fatto che l’istruzione incide meno, in termini di condizioni economiche delle giovani generazioni rispetto ai genitori, mentre crescono le prerogative del ruolo relativo al contesto familiare e sociale.
Il lavoro dei due ricercatori esamina sia la persistenza intergenerazionale, in relazione allo status economico della famiglia di origine, sia l’importanza delle condizioni di partenza, per motivare il successo e la realizzazione degli italiani. Come si è accennato, l’Italia rientra tra i paesi con una persistenza piuttosto alta sul piano generazionale, e la tendenza è in costante aumento. Per i più fortunati è una strada pronta al transito, che non è stata oggetto di scelte, perché indipendente da altri orientamenti, e spiegano comunque il successo di questa fascia di individui in maniera più marcata rispetto al passato.
Sembrerebbe il risultato di un ciclo generazionale che vive “di rendita” in termini di opportunità, con ridotta mobilità dunque tra generazioni per quel che riguarda l’aspetto delle condizioni economiche. La mobilità è quel fattore dinamico che offre la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita, sul piano sociale è un potente incentivo – sempre secondo lo studio dei due ricercatori della Banca d’italia – allo sviluppo delle proprie capacità, proiettandosi così nel più ampio spettro dell’innovazione. Si tratta di un impegno nel versante del lavoro che non ricade positivamente solo sul singolo, ma a trarne vantaggio è tutta la collettività, perché diventa mezzo di propulsione di crescita economica.
La mobilità intergenerazionale applica in modo diretto l’uguaglianza di opportunità tra le giovani generazioni, contribuendo ad allontanare il rischio della disuguaglianza (Unfair inequality), che non sono poi credenziali degne di una democrazia in Occidente. A lungo andare determina scontento nelle classi sociali svantaggiate, e conseguenti tensioni sociali.
Questi studi mettono in rilievo la necessità d’intervento per facilitare l’inclusione delle fasce sociali le cui opportunità non sono favorite dalle origini solide della famiglia, che invece risulta non di rado una carta vincente per il successo occupazionale dei figli, quando le condizioni economiche sono solide.
Si legge tra le pagine di questi studi: “l’Italia è tra i paesi in cui la distribuzione del reddito si discosta maggiormente da quella che risponde a criteri di uguaglianza di opportunità e di libertà dalla povertà” (gli autori si riferiscono in particolare a ricerche in questo ambito di Ballarino e Schizzerotto, l’ultima del 2016).
In Italia il diritto all’istruzione esteso a tutti, ha certamente offerto maggiori possibilità di realizzazione, ma lo studio dimostra che, a parità d’istruzione, i soggetti provenienti da classi sociali che dispongono di un alto status nelle condizioni economiche, hanno maggiori probabilità d’inserimento nel mondo del lavoro, con posizioni elevate nella struttura occupazionale di riferimento.
Le analisi si sono avvalse di indagini campionarie, ma anche a dati tratti dagli archivi riguardanti le dichiarazioni dei redditi, ed Enti previdenziali (Inps); dalla comparazione dei dati emerge la forte propensione all’ereditarietà di reddito e ricchezza nel nostro Paese.
L’analisi dei dati scaturiti dalle indagini sui bilanci delle famiglia, in un periodo che comprende due decenni (dal 1993 al 2016), mette in evidenza i canali di trasmissione dello status di benessere economico dei familiari d’origine, in riferimento al grado d’istruzione; da questi rilevamenti emerge una elevata persistenza intergenerazionale nei livelli d’istruzione.
Il diritto allo studio esteso a tutti, non è dunque una garanzia, è solo un elemento di omologazione nell’ambito del diritto, che non evita le disuguaglianze nella base di partenza degli individui, in questo senso svantaggiati. Emerge la tendenza a compiere scelte in sintonia con l’istruzione dei genitori e relativa professione. E’ abbastanza consueto, tanto per fare un esempio, entrare in una farmacia, e ritrovare accanto al titolare il figlio col distintivo sul camice, così come avviene in uno studio legale, e casi analoghi su diverse professioni. Un’impostazione di vita, per le nuove generazioni, che evidenzia la tendenza a scegliere percorsi di studio sul piano formativo di base – come gli istituti di scuola superiore – in sintonia con quello che sarà poi lo sbocco professionale, tale da garantire la realizzazione in ambito familiare. A seconda dei casi e delle circostanze, gli studenti potranno anche abbandonare il corso di studi secondario o universitario, qualora la famiglia d’origine abbia loro già riservato un ruolo in un’attività economica.
Gli studi confermano la tendenza intergenerazionale ad ereditare istruzione e status dai genitori, realtà che sul piano sociale, resta un fenomeno con connotazioni ed elementi quasi aberranti, rispetto ad un secolo che, in termini di progresso tecnologico, potrebbe presentare un quadro diverso, più dinamico. Eppure la realtà non è quella delle giovani generazioni prive di vincoli nelle scelte, con una propensione verso la mobilità, in simmetria con le prerogative e i dinamismi di una società proiettata sulle capacità del singolo, a prescindere dallo status di origine. Così non è, sembra anzi in atto un andamento “involutivo” in tal senso: la staffetta generazionale è fortemente ancorata al passato.