A seguito dell’introduzione dell’obbligo di certificazione verde COVID-19 sui luoghi di lavoro, il cosiddetto Green Pass, sono state dette molte cose, ma facciamo il punto:
Secondo la normativa contenuta nel D.L. 21 settembre 2021, denominato “Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19”, dal 15 ottobre sarà obbligatorio possedere il Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro, pena la perdita della retribuzione, ma non del lavoro, ovvero non si viene pagati per le assenze fino a fine emergenza, per ora fissata al 31 dicembre 2021.
Detto questo, prima di proseguire, va premesso che il Green Pass si ottiene a seguito di vaccinazione o di test per la verifica di presenza del virus COVID-19 nell’organismo con durate variabili a seconda dei casi da 48 ore a 12 mesi, ma va anche chiarito che con questo articolo non si intende minimamente prendere alcuna posizione sia in campo medico che giurisprudenziale, ma solo valutare lo stato della legalità prevista dalle norme attuali.
Ricapitolando: per la normativa attuale, dal 15 ottobre 2021 per accedere al proprio posto di lavoro o si è vaccinati o ci si deve sottoporre al cosiddetto “tampone”, pena la perdita del salario, ma non del lavoro.
Al di là, quindi, di ogni altra considerazione e rispettando la libertà di decisione di ognuno, va valutata la questione pratica ed economica, rilevando tre specifici casi:
- lavoratori vaccinati
- lavoratori non vaccinati con tampone
- lavoratori non vaccinati senza tampone
Prendiamo ora in esame i singoli casi iniziando dai lavoratori vaccinati, per i quali non è previsto nessun problema, esibendo la certificazione andranno a lavorare normalmente, al contrario nel caso di lavoratori non vaccinati, indipendentemente dalla ragione, per accedere al luogo di lavoro sarà necessario assoggettarsi alla verifica tramite test che a causa della breve durata di validità della certificazione (48 ore) si possono stimare in un minimo di tre tamponi a settimana, con due distinte e non secondarie conseguenze:
- il fastidio, che già non è cosa da poco;
- il costo, perché il governo ha previsto test gratuiti solo dietro presentazione di certificazione medica valida per un solo test e solo per i casi di assoluta necessità dovuta a presenza di patologie sensibili o immunosoppressione.
A questo secondo proposito anche Confindustria ha ribadito che gli oneri correlati ai test devono essere a carico del lavoratore che ne deve sostenere le spese ne deve sostenere le spese, ovvero si paga da sé i test necessari per andare a bottega, con costi variabili tra i 180 ed i 225 euro al mese (fonte Il Giorno).
Sarà vero?
Noi diciamo di no, perché se questa è una misura introdotta per la sicurezza sul lavoro, come dice il titolo ed il testo del decreto che prescrive l’obbligo di Green Pass, allora va data un’occhiata anche al D.lgs. 81/2008, ovvero al “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”, che non viene messo in dubbio, in contrasto od offuscato dalla nuova normativa in vigore, ma che anzi, in un certo qual modo la integra fornendoci la risposta al problema, infatti l’articolo 15, al punto 2, prescrive che «Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori».
In altre parole, se per accedere ai locali aziendali è necessario adottare un qualsiasi presidio medico, chirurgico o di altra natura a protezione dei lavoratori questi non ne devono sopportare i costi che sono a carico del datore di lavoro.
A noi questo pare proprio il caso, ovvero se per andare al lavoro devo indossare i guanti speciali o fare un test, questi li deve pagare l’azienda e siccome secondo l’articolo 32 della Costituzione Italiana “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, chi per andare a lavorare vuole assoggettarsi al tampone lo dovrà fare in modo gratuito e solamente chi legittimamente rifiuterà di farlo starà a casa senza salario.
Concludendo e ribadendo ancora una volta che le posizioni sindacali di merito sono assunte a livello nazionale e che in questo testo redatto dai delegati USB ENAV non vi è alcuna volontà di orientamento sanitario o giurisprudenziale del personale, ma solo la fredda e distante analisi e valutazione dello stato della legalità per fare chiarezza a tutela e beneficio del lavoratore che resta libero nelle scelte personali,
CHIEDIAMO
che la DA indichi, per ogni azienda del gruppo ed al più presto, le modalità e le procedure con cui i dipendenti non in possesso di Green Pass vaccinale valido che intendono recarsi al lavoro dovranno sottoporsi al previsto test a totale carico aziendale, sia nei tempi che nei costi.
27 settembre 2021
Delegati USB LP Gruppo ENAV
Allegati: