Se non riesci a individuare il pollo nella prima mezz’ora di gioco, allora il pollo sei tu. (Mike McDermott dal film “Il giocatore”)
Era palpabile da tempo in sala operativa il fermento legato all’incertezza sull’organizzazione del lavoro per l’estate ormai alle porte, evidentemente il periodo più impegnativo e critico nella vita operativa di ciascuno di noi e, finalmente, i nostri pokeristi cominciano a scoprire le carte.
Sappiamo bene tutti che, in termini ATC, l’estate arriva con la Pasqua, il cambio dell’ora e le prime pianificazioni delle compagnie e sappiamo, benissimo, che da qualche anno, esattamente dal 2019, anno da record, abbiamo preso a chiamarla Summer.
Ora, ai fini della nostra riflessione, poco interessa farne una questione linguistica, la si chiami come meglio si crede, quello che a noi preme è provare a capire se si sia tratto un insegnamento da quell’esperienza o meno e, ancora, se si sia sufficientemente lucidi da riconoscere il fallimento di quel modello, che diede vita ad un’intensa stagione di scioperi, durata fino a poco prima dello scoppio della pandemia, così da far durare la Summer da maggio a gennaio dell’anno successivo.
Ci pare chiaro che, per qualcuno, l’accordo siglato a quel tempo per fronteggiare la già disastrosa, nei numeri, situazione in cui versavano gli organici degli impianti, in particolare degli ACC, sia ritenuto un obiettivo non solo possibile, ma addirittura auspicabile.
Nei due anni trascorsi la situazione degli organici è persino peggiorata, ciò è innegabile oramai anche per coloro che, fino a poco tempo fa, continuavano a negarlo, causando un ritardo assolutamente ingiustificabile nella programmazione del turn over.
Che la si chiami Summer o estate, il vero nodo è capire la direzione che si vuole imboccare sia nel breve che nel medio-lungo periodo.
Le ultime maldestre e tardive ricerche di personale, bastano per spingerci ad addivenire ad accordi, tutt’altro che lusinghieri, che traguardino il solo periodo che all’azienda faccia grattare il capo?
Davvero riusciamo a vedere nelle quantità economiche, nel salario accessorio (straordinario, gettoni, premialità) l’unico discrimine della bontà o meno di un programma aziendale?
Davvero vogliamo arrenderci definitivamente all’idea che i “numeri”, siano essi riferiti alle risorse umane ovvero a quelle economiche, vengano prima del benessere psico-fisico di un lavoratore, in particolare di chi opera in un settore complesso e critico come il nostro?
Davvero vogliamo fidarci ancora una volta di chi, dopo averci stretto la mano e vergato in calce un accordo tra le parti sociali, lo ha poi puntualmente disatteso?
Le nostre domande hanno natura evidentemente retorica, ci pare però davvero aderente a quanto si dice ai tavoli da poker e se davvero dopo quanto è successo in ENAV non hai ancora capito chi sia il pollo, forse è bene che ti chieda se il pollo non sia proprio tu!
RSA USB ROMA ACC
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