SETTEMBRE

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Settembre. Monsone. Ciliegina sulla torta di un’estate terribile. Rocambolesca, disorganizzata, a tratti grottesca.

Ricorderemo quest’anno lavorativo come quello che ha evidenziato la morte, già avvenuta qualche anno fa, dei sindacati in ENAV e che sono ormai ridotti ad una sorta di armata Brancaleone che sembra marciare compatta nei comunicati unitari, salvo poi andare in ordine sparso a elemosinare accordicchi di circostanza. Di chi è la responsabilità dello sfacelo totale al quale abbiamo assistito negli ultimi mesi? Ce lo siamo chiesto?

Veramente: come siamo arrivati a questo punto?

Possiamo dare la colpa all’azienda? Qualcuno ci dice di sì, spiegando anche che una classe dirigente così orientata al profitto immediato non può aver altro che una visione miope del lavoro, finalizzata a far felici soltanto gli investitori che raccolgono le messi ogni anno e che, quindi, poco le importa se per staccare il dividendo sovraccarica di mansioni (a costo zero) il personale, mentre già circola il timore di cosa verrà inventato per far fronte all’aumento dei costi dell’energia! Nel frattempo si continua con l’applicazione di un piano industriale iniquo e mal fatto, concepito in altri tempi e mai messo in discussione, le cui finalità sono immaginabili (e temibili) ma mai manifeste.

Il futuro in questa azienda è ormai un tabù. Né ENAV, né i Sindacati hanno mai affrontato seriamente il tema di cosa ci accadrà nei prossimi anni. Nessuno si è posto, a quanto pare, le domande più elementari riguardo agli scenari futuri in campo operativo. Se infatti la pianificazione è, e rimane, cosa aziendale, guidarla e modificarla in un contesto operativo è quello che un sindacato serio dovrebbe porsi come obiettivo primario. Non possiamo permetterci di aspettare che tutto ci cali dall’alto, cercando di mantenere uno status quo oramai tutt’altro che desiderabile.

Perché nessuno difende la nostra professionalità? Quando, come, perché ma soprattutto CHI stabilirà quali sono i limiti di impiego? (ivi compresa la percentuale di relief che ci spetterà) Quanti avvicinamenti/settori possiamo mantenere attivi? Ci sono/saranno incompatibilità fra le abilitazioni? Avrà ancora senso la suddivisione in Isole? Quale profilo di carriera potremo aspettarci in futuro? Saremo tutelati in caso di perdita dell’idoneità fisica? Queste sono solo alcune delle domande che un Sindacato proiettato nel futuro dovrebbe porsi, allo scopo di darsi un indirizzo, una progettualità, da contrapporre alla logica aziendale che invece non fa altro che spostare l’asticella del lecito sempre più avanti.

Per ultimo, ma non per importanza, non possiamo non accorgerci che un Sindacato che non funziona è lo specchio di una categoria che non esiste più. È snervante e avvilente assistere al nichilismo imperante, alla rassegnazione che accompagna ogni nuovo attacco alla nostra dignità di lavoratori. Il futuro NON È un tabù. Il futuro si costruisce nel presente con impegno, lotta e rabbia. Lasciarlo in mano altrui è una sconfitta che non possiamo e non vogliamo permetterci.

Roma, 30 settembre 2022

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2022 10 30 comunicato settembre